martedì 24 novembre 2009

Lo spedale




Sono tornata.
Dato che il blog ha (spero momentaneamente) smesso di essere esotico causa mio ritorno in patria, vi racconterò la storia dell'ospedale di sabbia. E di come dal cosiddetto "terzo mondo" sono arrivata direttamente e senza passare dal via al 4°.
C'era una volta l'ospedale di Agrigento.
Nessuno sapeva dov'era perchè non c'erano cartelli. Nessuno, soprattutto, sapeva per quanto sarebbe rimasto li.
Tutti speriamo di non aver mai bisogno di un ospedale, noi agrigenDini che siamo un pezzo avanti, lo speriamo di più.
Comunque caso e amicadisgrazia vollero che ne avessimo bisogno.
Trovato l'ospedale, parli con una guardia giurata, non con un medico. Che fa brutto.
Poi ti metti in fila e lì rimani. Si narra che qualcuno sia ancora lì.
Superata la fase 1, passi alla fase 2, il ricovero. O meglio alla fase 1 e 1/2 il corridoio.
Lì chiedi ad un'infermiera cosa devi attendere (re magi, stella cometa, alieni) per avere una stanza; non ho familiarità con i termini medici, ma credo che in caso di ricovero sia inclusa nel prezzo.
E lei, che il ciclo ce l'ha di default s'incazza. No, non tu. LEI. Credo che abbia anche abbaiato in realtà.
Tiri un osso all'infermiera, ottieni la stanza, tagli il nastro, perchè se aspetti un'ora vuol dire che la camera te l'hanno costruita, e noti che manca il cuscino. Ma vabbè capita.
Sai com'è, la FRETTA.
Vai dall'infermiera e con la pazienza che non hai chiedi un cuscino, mica un reattore nucleare o un kg di cozze, un cuscino. La risposta, testuali parole, è la seguente: "Cuscini?!?!?!? siiii, una vita ca unn'avemu!".

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Quando sei in ospedale guadagni, teoricamente, un minimo di tranquillità, piccolo piccolo, circoscritto al fatto che non devi cercare la farmacia di turno per i medicinali.
E invece non è così.
Serve la tachipirina. L'ospedale NON ne ha. Ce le passa sottobanco un'infermiera... dalla sua borsa. Manteniamo il silenzio e inizio a rimpiangere il Mozambico.

E come in ogni racconto di fantascienza non può mancare il personaggio pazzo ma che rimane nel tuo cuore, il cappellaio matto di Alice insomma, che nel mio caso assume le sembianze di un infermiere ipocondriaco.
Un infermiere infatti, scoperto che torniamo dall'esotica Barcellona, non vuole più entrare in camera. E meno male che non gli ho detto che tornavo dall'Africa, sennò come minimo mi tirava l'acqua santa.
Acquasantiera compresa.

Se volete darmi una mano regalate a me un corso di meditazione e a lui un atlante.
Siate buoni, spiegategli che Barcellona non è la capitale del Congo.
Così magari smette di lavarsi col DDT.
Che bene bene non fa.

Saluti dal 4° mondo.

8 commenti:

  1. Ciao querida! Come stai adesso? Spero che tu ti sia rimessa in salute... Che storia incredibile, davvero, quasi quasi manco in Mozambico ti trattano così! aiuto! bacioni AnnaMaputo

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  2. Ciao Anna!
    Adesso va meglio, non sono stata male io, ma una persona molto vicina a me. E' vero non ci sono parole.
    Ho rimpianto la sommershield!
    Baci

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  3. Ci sei mancata :*
    Comunque ti ringrazio per darmi altre motivazioni fresche per l'emigrazione :D

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  4. 'Azieeeee Andreeee :*
    Motivazioni per emigrare? te le metto in ordine alfabetico se vuoi :P

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  5. L'infermiere ipocondriaco non è altro che il figlio di una società a cui le basilari regole igieniche vengono dettate da nientepopodimeno che TOPO GIGIO. FORZA E CORAGGIO BEDDA MIA!!!! :-)

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  6. Ary non voglio essere volgare, ma diciamo che non lo avrei definito figlio di... una società ecc... :P
    E sì! Barcollo ma non mollo!

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  7. E' sempre piacere leggere il tuo blog.."" solo che non fai che fomentare la mia (già grande per anltro) voglia di espatriare.. ma espatriare non dalla sicilia.. dall'italia!!

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  8. Ahah! a chi lo dici! Possiamo fondare un club. Intanto se vuoi ti do il numero di kbg :P

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