mercoledì 11 maggio 2016

E poi però ci dite che siamo stronze. Pt.1

Recentemente ho ripreso a pensare agli uomini.
Mi ero data all'ascetismo.

Nella mia vita da donna sentimentalmente attiva ho sperimentato varie tipologie di uomo.
Quello troppo sicuro, quello troppo insicuro, quello che celhasololui, quello che "tu sai ciò che vuoi", quello che "ti porterei in macchina", quello con pochi bottoni sulla camicia, l'indeciso.

Insomma un'allegro repertorio di pazzi.

Parlando con amiche, anche loro sperimentano pazzi.
Una vede uno che prima la voleva amare e ora no.
Così, senza un perchè.

Un'altra il barista bipolare, che oggi è supercarino, domani non risponde al telefono e non si presenta ad un appuntamento.

Un'altra è stata lasciata su fb.

A me offrono cannoni.
E poi però mi dicono che sono stronza.

E mi sono posta delle domande.

Ma se ognuna di noi ha nel cassetto una carrettata di pazzi, ma quelli normali dove sono?
Cioè chi sono le fortunelle che passano da un uomo normale all'altro?
Da un uomo che se ti paga la cena, non si sente in diritto di toccarti la coscia, perchè se ci vai a cena, poi per legge, gliela devi dare.
 A un uomo che vuole davvero parlare con te, non aspetta che tu prenda aria per infilarti un metro di lingua in bocca.
Che fine hanno fatto gli uomini decenti?

Che poi siete di due macro-razze.
O troppo o troppo poco.
Quelli troppo sono quelli con cui dopo 98 secondi dalla conoscenza inizi a sentirti braccata.
Lui ti offre da bere e tutte le volte che stacchi la bocca dal bicchiere prova a baciarti.
Quindi tu la bocca non la stacchi e finisci la serata prossima al coma etilico.
Sono quelli con cui, posato il bicchiere, inizi a ballare il tango.
Lui ci prova e tu fai un passo indietro.
Lui, intelligente come una gallina morta da 72 ore, continua a provarci e tu schivi, giri, balli e indietreggi che manco la meglio ballerina argentina.
Praticamente questo è il suo modo per riaccompagnarti a casa.

Poi c'è la macro- categoria dei timidi, pochi a dire la verità.
Quelli che uscite 78 volte e ti guardano carini.
E tu che, ok che non voglio ballare il tango però mioddio, sei lì che ricambi lo sguardo.
Sono quelli che c'è il tramonto, il romanticismo, la pioggia, manca uno che ti canta "kiss the rain" e niente.
Quelli che ad un certo punto assumeresti Sebastian, il granchio della sirenetta, per fargli cantare con le altre bestie "e allora BACIALA!".
Che poi io ho una logorrea che basta la metà, che a volte mi bacerei da sola per farmi tacere.
Lo capisco, è sopravivenza.

Dall'altro lato però ci siamo noi donne, che la Mannoia cantava "dolcemente complicate" intendendo "delle cazzo di psicopatiche".
Se usciamo con voi e provate a baciarci venite amabilmente apostrofati "stoporco".
Se non ci provate "saragay?".
Se siete poco galanti "stocafone".
Se siete troppo galanti "cistaaprovà".

Quindi niente, ogni tanto sentitevi liberi di odiarci.

Mapercarità.
Offriteci da bere,  non ci dite che siamo le più belle del locale, non ci dite frasi da baci perugina e soprattutto.
Levatevi quei risvoltini a meno che non abbiate il bagno allagato.

sabato 7 maggio 2016

Pronto soccorso, cecità e sfighe varie




E' già Maggio e non me ne ero accorta.
Io ve lo giuro che ci provo a scrivere cose normali, allegre, carine e coccolose, ma il mondo evidentemente non vuole.

E quindi niente, passo i pomeriggi al pronto soccorso che manco quelli che hanno 987 anni.

Ma andiamo con ordine.

Lunedì decido di andare al cinema in compagnia, con un povero cristo (da adesso PC) con cui perlatro non ero mai uscita e, non che dovessi fare buona impressione (AH AH AH), ma manco volevo vincere il nobel per la demenza.

Comunque alle 19 inizio la lezione via skype e alle 19,20 mi gratto l'occhio.
Ditelo che lo fate tutti.
Ditelo che però poi voi non rischiate di diventare Ray Charles.
Però pallidi.
Però poveri.
Però stonati.

MENTRE faccio lezione sento la lente che si sposta, viaggia felice per l'occhio e inizio ad ammiccare alla mia studentessa che per poco non mi denuncia per molestie.
Chiudo la cam, inizio a lacrimare e le chiedo una BREVE pausa.
Non sono mai più tornata.
Inizio a ravanare nel mio occhio, utilizzando 9897 demake-up, 7 rotoli di carta igenica e 90 fazzoletti.

La scena è quella di me appollaiata sulla vasca, la testa sulla mensola che provo a staccarmi un pezzo di cornea.

Avviso PC che sono diversamente abile e forse non posso andare al cinema.

Faccio una camomilla, metà la metto sull'occhio, metà per endovena e lancio acqua santa sui muri, chissà la sfiga crepa.

Decido che ormai sembro demente e quindi non ho più niente da perdere.
Esco occhialuta, con un occhio mezzo chiuso e fluorescente, la vista di Polifemo con cataratta, però mi trucco.
PC mi dice che se voglio mi porta lui al pronto soccorso.

Ormai, anche se iniziassi a belare, potrei solo migliorare la situazione.
Il film era bello.
Mi hanno detto.

Oggi, dato che mi sentivo ancora un bambino nell'occhio, decido di andare al pronto soccorso, informare anche loro che sono cretina e sapere se resterò cieca, se imparerò a cantare o se non c'è speranza.
Ovviamente ci sono solo 3 ore di fila.

Direttore? Chi per te?
Ma come ti viene in mente di mettere un tabellone a 4 metri di altezza in un pronto soccorso oftalmico?
Eravamo tutti cecati e nessuno vedeva i numeri, si viveva in un'allegra ignoranza e si gioiva quando si veniva chiamati.
Così, ci piaceva la suspense.

L'omino dottore mi visita, mi mette l'atropina, l'anestetico, un pezzo di carta, due cotton fioc e una fetta di prosciutto nell'occhio.
Più che una visita, uno stupro.
Mi gira l'occhio e io faccio "ssssh".
"Le ho fatto male signorina?"
"no scusi, è che mi fa SCHIFO"
"il suo occhio?"
"...no?"

Spargo intelletto da 48 ore senza fermarmi.

La visita va bene, niente lenti per un po', un collirio antibiotico, un ettolitro di gocce artificiali e un viaggio a Lourdes entro 72 ore.
Si torna a casa.
Con l'atropina che sembravo un gatto cecato.
Con l'anestetico che levate, ogni tanto mi scordavo di sbattere sensualmente le ciglia.
Con tre volte che m'ha rigirato l'occhio, che se ci penso ho ancora la pelle d'oca.

Non vedevo le scale, ho impiegato 30 minuti ad arrivare a binario coi vecchi che mi doppiavano e i ciechi che mi spingevano, chiedendo alla gente "scusi è questo il Seveso?" che non leggevo il cartellone.

L'unica cosa decente della giornata sono state le 4 ore di sballo donatemi dall'atropina.

Perchè io sono l'unica che scegliendo di interpretare una favola, invece di essere la sexy Trilly, la pornofatina cacacazzi mezza nuda, interpreto Spugna orbo.

Prima o poi, anch'io passerò al lato sexy.


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